Insegnare è un atto di generosità nei confronti degli studenti, è stare un passo indietro.
Ricordo molto bene gli anni del liceo, e se dovessi dire cosa mi sono portato dietro, nella memoria, negli anni che ci sono stati, sicuramente indicherei alcuni professori, di grande umanità, prima che grandi professionisti nelle loro materie. Sono coloro che, come direbbe, Daniel Pennac, “mi hanno salvato”.

Molto anni dopo l’uscita dal liceo ho iniziato il mio percorso di insegnamento e formazione: il mio lavoro si è incentrato principalmente su alcuni aspetti che riguardavano, alla fine, le varie tipologie di studenti, per migliorare le mie tecniche didattiche.
Negli anni ho poi dedicato sempre più tempo al Public Speaking, dovendo tenere incontri, convegni, parlare spesso in pubblico facendo in modo che quello che intendevo fosse immediatamente comprensibile, senza che vi fossero incomprensioni.
Non molto tempo fa, durante una chiacchierata con un noto divulgatore, gli ho chiesto quale pensasse che potesse essere il primo vero ostacolo all’inefficacia della comunicazione.
La risposta è stata molto semplice, ma come tutte le cose senza pieghe (da qui deriva il vocabolo latino simplex), stupefacente. “Se non funziona” mi ha risposto, “l’oratore sta parlando per sé e non per chi ascolta. Il suo è un atto egoistico, non c’è nessun dono in quello che sta facendo, e chi ascolta se ne accorge. Forse non in modo cosciente, ma se ne accorge”.
Tornato a casa, ho molto riflettuto su queste parole: mi sono sembrate talmente evidenti che mi sono domandato come fosse possibile che non ci avessi pensato prima: insegnare è un atto di generosità.
E SE FOSSE SOLO QUESTIONE DI GENEROSITÀ?
Un’affermazione del genere potrebbe sembrare, sulle prime, banale e molto superficiale. C’è chi dirà (specialmente fra la categoria dei docenti, ma non solo) che l’unica vera virtù necessaria è la competenza e la preparazione. Una generosità genuina, nella didattica, le comprende però entrambe.
Agire generosamente nei confronti degli studenti significa prepararsi generosamente, con competenza, attenzione e sacrificio nei confronti di tutte le istanze presenti in classe. Significa interpretare i comportamenti della classe nella maniera più rispettosa, ricordando che parliamo con adolescenti, per i quali se comportamenti immaturi e autoreferenziali sono comprensibili, gli stessi comportamenti non lo sono più per adulti educatori.
Insegnare generosamente significa non prendere sul personale il disinteresse degli studenti, ma comprenderne le motivazioni, spingendo gentilmente gli studenti verso la conoscenza, secondo il modello nudging di Aldert Vrij.
Non prendere la disattenzione momentanea degli studenti non significa solo mettersi nei panni dei ragazzi, ma significa avere la consapevolezza che non tutto si sviluppa qui e ora, che non è una questione di voto (ci piace tanto dirlo agli studenti, ma poi se non prendono un buon voto siamo pronti a giudicarli subito). Vuol dire avere la consapevolezza che l’insegnante è un seminatore, che forse non vedrà mai i suoi campi nella stagione del raccolto, di sicuro non vedrà quei frutti davvero a maturazione, lasciando questo compito ad altri, alla società. Quella stessa società che sarà la prima a non riconoscere il lavoro di semina dell’insegnante.
Insegnare è stare un passo indietro, mettendo davanti i ragazzi e le ragazze davanti a noi.
Giampiero Marchi
Centro Nazionale di Studi Classici GrecoLatinoVivo
Complimenti, condivido al 100%, dovremmo ricordarcelo sempre che insegnare è un atto di generosità.
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