“Partite dal verbo!” ovvero: come non si affronta una versione di latino e greco antico

Un Approccio Errato al Latino e al Greco Antico

C’è una convinzione diffusa secondo cui studiare il latino e la matematica sarebbero attività simili. Questa affermazione è stata ripetuta così tante volte che ormai viene spesso accettata senza riflessione critica, come accade quando ci si abitua a considerare vere certe frasi solo perché le si sente dire da molti. In realtà, questa analogia è piuttosto fuorviante. Studiare il latino significa comprendere il contesto culturale, il pensiero e le sfumature del linguaggio di una civiltà, mentre la matematica si basa su regole e calcoli universali, dove la logica sequenziale e la precisione delle procedure sono centrali. Equiparare questi due campi significa ridurre la complessità del latino a un semplice esercizio di logica formale, ignorando la dimensione culturale e interpretativa che è invece fondamentale nell’apprendimento di una lingua classica.

Studiare il latino significa comprendere il contesto culturale, il pensiero e le sfumature del linguaggio di una civiltà, mentre la matematica si basa su regole e calcoli universali

La traduzione dal latino e dal greco antico è un’arte che spesso viene ridotta a un semplice esercizio meccanico. In rete si trovano ancora molti video in cui si sostiene che la traduzione debba iniziare dal verbo. Questa tecnica analitica può essere efficace solo quando si possiede una solida competenza linguistica e si comprende già, in linea di massima, il significato del testo. Infatti, alcune parole possono apparire come verbi, avverbi o sostantivi, se prese singolarmente, e solo una comprensione “a priori” del testo permette di identificare correttamente i vari elementi grammaticali della frase. Chiunque abbia studiato queste lingue classiche, almeno a livello scolastico, conosce il mantra ripetuto da molti insegnanti: “Trova prima il verbo, poi il soggetto, identifica le diverse parti del discorso e spostale finché la frase non acquisisce un senso logico in italiano”. Sebbene questa metodologia sia consolidata nella didattica tradizionale, presenta numerosi limiti, soprattutto quando la consideriamo alla luce delle più recenti ricerche neuroscientifiche.

Il Problema di una Strategia Analitica Meccanica

Questa pratica si basa su una visione eccessivamente analitica della frase, che cerca di scomporre e ricomporre il periodo come se fosse un puzzle, un mosaico di parti da disporre in modo ordinato. Il problema è che molti insegnanti forniscono modelli di traduzione che presuppongono competenze globali che loro stessi possiedono, ma che gli studenti non hanno ancora sviluppato. Tuttavia, le neuroscienze ci insegnano che l’apprendimento delle lingue e la comprensione del linguaggio non funzionano come un esercizio di logica formale. Il cervello umano non è progettato per processare in maniera sequenziale ogni singolo elemento grammaticale e poi riassemblarlo per formare una frase di senso compiuto. Questo perché il cervello tende a elaborare pattern e schemi più ampi, piuttosto che singoli elementi, per garantire una comprensione più rapida ed efficace. La nostra mente cerca di identificare strutture e relazioni che ci permettono di cogliere il senso globale, evitando così uno sforzo cognitivo eccessivo nella decodifica analitica di ogni singola parola. Piuttosto, il nostro cervello lavora attraverso pattern, ovvero schemi complessi che ci permettono di comprendere il significato di un’intera frase quasi istantaneamente, basandoci sul contesto e sull’esperienza linguistica pregressa.

Seguire un metodo puramente analitico non permette di sfruttare appieno questa capacità. Ad esempio, molti studenti si trovano a dover scomporre frasi complesse senza riuscire a coglierne il significato complessivo, il che li porta spesso a sentirsi frustrati e demotivati. La necessità di analizzare ogni parola singolarmente rende il processo lento e privo di fluidità, facendo perdere di vista l’idea centrale del testo. Chiedere agli studenti di individuare prima il verbo, poi il soggetto e infine gli eventuali complementi è come voler insegnare a dipingere dicendo che bisogna prima individuare i colori primari nella natura e poi mescolarli, senza mai considerare l’intera visione d’insieme del quadro che si vuole creare. Ad esempio, un esercizio di traduzione che segue questo metodo potrebbe chiedere agli studenti di isolare il verbo principale di una frase complessa in latino, identificare il soggetto, e poi scomporre gli altri elementi grammaticali uno per uno, ricomponendo il tutto alla fine. Questo approccio, però, rischia di far perdere agli studenti la fluidità e il senso generale del testo. Questo approccio è inefficace e spesso demotivante, perché non rispecchia l’esperienza naturale di comprensione del linguaggio.

Cosa Significa Veramente Tradurre?

La traduzione non è un semplice processo di sostituzione parola per parola. Tradurre significa entrare nella logica e nella mentalità della lingua di partenza per poi restituirne il significato nella lingua di arrivo, senza perdere il contesto culturale e il senso generale. Il contesto culturale può influenzare profondamente le scelte traduttive: tradurre l’espressione latina ‘amicus certus in re incerta cernitur’, non basta semplicemente sostituire le parole con i loro equivalenti; è necessario comprendere il valore culturale dell’amicizia nella società romana, in cui la lealtà in situazioni difficili aveva un significato particolarmente profondo e differente rispetto ai nostri tempi. Una lingua non è una lista di regole da seguire, ma un sistema complesso, una rete di significati che si manifesta nel suo insieme. Quando leggiamo una frase in una lingua straniera, il nostro cervello non scompone l’intera frase in singoli elementi per poi riassemblarla; piuttosto, cerca di cogliere il significato globale, basandosi su esperienze precedenti e sull’intuizione del contesto.

Dal punto di vista neuroscientifico, è noto che l’area di Broca e l’area di Wernicke, due aree del cervello coinvolte nell’elaborazione del linguaggio, lavorano in maniera cooperativa, elaborando non solo le singole parole ma anche i rapporti semantici e contestuali tra di esse (Friederici, A. D. (2011). The Brain Basis of Language Processing: From Structure to Function. Physiological Reviews, 91(4), 1357-1392). Ciò significa che il cervello è più incline a comprendere il senso complessivo di una frase piuttosto che seguire un processo di analisi lineare e sequenziale, come quello suggerito dall’approccio traduttivo incentrato esclusivamente sulla scomposizione grammaticale.

Un Approccio Più Naturale ed Efficace

Allora, come dovremmo insegnare la traduzione dal latino e dal greco antico? L’esperienza del Centro Nazionale di Studi Classici ha mostrato che un approccio più immersivo e globale risulta particolarmente efficace, come dimostrato dai loro corsi specifici di traduzione, dove gli studenti vengono guidati a cogliere il senso generale del testo prima di passare all’analisi dettagliata. Prima di tutto, è importante insegnare agli studenti a leggere il testo nella sua interezza, a cercare di cogliere il senso generale della frase prima ancora di iniziare a scomporla. Ad esempio, si potrebbe chiedere agli studenti di leggere un breve paragrafo più volte, cercando prima di capire il contesto generale, le emozioni o il tono del testo, per poi discutere in classe su quale potrebbe essere il messaggio principale senza soffermarsi inizialmente sui singoli dettagli grammaticali. Questo si può fare incoraggiandoli a sviluppare una sensibilità per il contesto, per l’ordine delle parole e per i diversi registri stilistici, sottolineando l’importanza dell’acquisizione del lessico e mirando a quella che tecnicamente è definita soglia di comprensione lessicale.

Strategie di Acquisizione del Lessico e Soglia di Comprensione Lessicale

L’acquisizione del lessico avviene attraverso l’esposizione ripetuta a parole nuove in contesti significativi, favorendo una memorizzazione più duratura e una comprensione più intuitiva del testo. Questa esposizione può avvenire attraverso letture estensive, attività di ascolto e ripetizione, o tramite esercizi che collegano nuove parole a immagini o situazioni concrete, in modo da creare un’associazione diretta e significativa.

La soglia di comprensione lessicale rappresenta il numero minimo di parole che uno studente deve comprendere direttamente in lingua senza accesso a dizionari per poter poi comprendere efficacemente un testo. Superare questa soglia, cosa che avviene solo con esercizi specifici e non mandando a memoria liste di vocaboli (pratica la cui inutilità e pari solo alla sua diffusione nella pratica didattica) è essenziale affinché la lettura sia fluida e il significato globale del testo venga colto senza dover tradurre parola per parola. Quando uno studente raggiunge questa soglia, è in grado di comprendere la maggior parte del contenuto senza sforzi eccessivi, permettendo una lettura più profonda e una migliore assimilazione delle strutture linguistiche. L’acquisizione del lessico avviene attraverso l’esposizione ripetuta a parole nuove in contesti significativi, favorendo una memorizzazione più duratura e una comprensione più intuitiva del testo. La soglia di comprensione lessicale rappresenta il numero minimo di parole che uno studente deve conoscere per poter comprendere efficacemente un testo. Superare questa soglia è essenziale affinché la lettura sia fluida e il significato globale del testo venga colto senza dover tradurre parola per parola. Gli studenti dovrebbero essere invitati a immergersi nel testo, a leggerlo più volte senza fretta, cercando di comprendere il messaggio globale prima di entrare nel dettaglio grammaticale.

La chiave per trasmettere efficacemente questo sapere alle nuove generazioni è però un modello che faccia riferimento alle ricerche scientifiche e a modelli visibili e misurabili, e non a cattive abitudini didattiche valide solo perché si tramandano di generazione in generazione

Solo in un secondo momento si può passare all’analisi delle singole parti della frase, ma sempre con la consapevolezza che ogni elemento è parte di un tutto più grande, e che l’analisi deve essere guidata dal significato generale per evitare che diventi un processo puramente meccanico. Questo approccio non solo è più vicino al modo naturale in cui il nostro cervello elabora il linguaggio, ma è anche più gratificante per gli studenti, che possono sperimentare un reale senso di comprensione e padronanza del testo.

Una Lingua, Non un Enigma

Latino e greco antico non sono enigmi da risolvere, ma lingue, che veicolano il pensiero di uomini e donne del passato. Ad esempio, il ‘De rerum natura’ di Lucrezio offre una visione del mondo naturale che, per quanto risalga al I secolo a.C., risulta ancora rilevante per la nostra comprensione moderna della filosofia e della scienza, dimostrando come i testi classici possano ancora influenzare il pensiero contemporaneo. Insegnare queste lingue come se fossero semplici esercizi di logica significa svilirne il valore, riducendo il testo a una mera serie di passaggi meccanici. Al contrario, un approccio che valorizza la comprensione globale e il contesto non solo rispetta la natura del linguaggio, ma rende anche giustizia alla ricchezza culturale che queste lingue custodiscono.

Abbandonare l’idea di “partire dal verbo” è un passo fondamentale per restituire al latino e al greco antico la dignità di lingue complesse e affascinanti, capaci di comunicare ancora oggi con chi è disposto ad ascoltarle. La chiave per trasmettere efficacemente questo sapere alle nuove generazioni è però un modello che faccia riferimento alle ricerche scientifiche e a modelli visibili e misurabili, e non a cattive abitudini didattiche che si tramandano di generazione in generazione, ma che non rispecchiano più le reali esigenze dell’apprendimento moderno né tengono conto delle scoperte neuroscientifiche sull’acquisizione delle lingue.

Giampiero Marchi
Centro Nazionale di Studi Classici GrecoLatinoVivo


6 pensieri su ““Partite dal verbo!” ovvero: come non si affronta una versione di latino e greco antico

  1. Caro Giampiero,

    ho letto con interesse il tuo contributo metodologico e lo condivido completamente. Difficile purtroppo liberarsi dall’idea che la traduzione, seppur nella sua manifestazione di esercizio scolastico, sia una pratica meccanica. Rimane – lo dico per esperienza – la necessità anche del rafforzamento grammaticale, del passaggio al quale molti studenti si sottraggono, spesso per le esperienze inconcludenti dell’insegnamento grammaticale nella scuola secondaria di primo grado.

    La traduzione, meglio, la comprensione di un testo rimane un processo complesso, al quale si arriva con il tempo, le letture integrali in lingua, la quotidiana frequentazione di un autore, la conoscenza approfondita del lessico. La scuola, purtroppo, confusa da un profluvio di attività, sottrae tempo al lavoro in classe.

    Un cordiale saluto,

    Francesco Salerno

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  2. Buongiorno, sono un’insegnante di latino da molti anni e devo dire che di questo articolo non condivido quasi nulla; tuttavia, proverò a prendere qualche spunto (tipo la lettura immersiva), che mi sembra decisamente apprezzabile. Saluti.

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    • Buongiorno, e grazie per il suo commento: la didattica di una lingua non è un menù a la carte da cui prendere ciò che più ci aggrada e ci fa comodo, specialmente se meno faticoso da preparare, ma un percorso complicato che necessita di vari step per arrivare al risultato, piuttosto direi simile a preparare un piatto, seguendo indicazioni e dosi.

      La lettura immersiva, nello specifico, è inutile se prima gli studenti, con esercizi mirati che permettano di raggiungere la soglia di comprensibilità lessicale, non sono preparati ad affrontare quel testo.

      Un saluto.

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  3. Buongiorno, secondo la mia esperienza, e mi sembra di cogliere questo anche dall’articolo, una cosa non esclude l’altra.

    Corretto e consigliabile partire dalla lettura del testo e dalla sua comprensione globale, per esempio io consiglio sempre di osservare i nomi propri che forniscono indicazioni sui personaggi/persone e sui luoghi, di fare riferimento alle proprie conoscenze sui miti e sulla storia greca e romana, ma poi l’analisi a partire dal verbo va fatta sia per comprendere la sintassi del testo sia per evitare fraintendimenti.

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    • Buongiorno Professoressa, e grazie per il Suo contributo.
      Certamente è necessaria una competenza globale, anche morfosintattica, ma il punto centrale è proprio questo: da un punto di vista neurocognitivo, l’approccio che parte sistematicamente dal verbo come strategia di decodifica non trova validazione nelle attuali conoscenze sui processi di comprensione del testo. La comprensione naturale avviene attraverso la costruzione progressiva di senso, sulla base di indizi lessicali, conoscenze pregresse e pattern ricorrenti.

      Al contrario, il cosiddetto “partire dal verbo” introduce un carico cognitivo artificiale, rallenta l’accesso semantico e obbliga lo studente a un processo analitico che frammenta la coerenza testuale. La soglia lessicale (ovvero la quantità di lessico noto) ha invece un ruolo chiave nel consentire l’attivazione spontanea di inferenze e nella costruzione del significato globale.

      L’analisi sintattica ha certamente un suo spazio, ma in una fase secondaria e non come primo movimento di approccio al testo. È su questo che ormai convergono neuroscienze, linguistica acquisizionale e didattica L2.

      Grazie ancora per avermi permesso di specificare questo punto!
      A presto!

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