Catullo non è solo il conto dei baci, il resoconto di un amore bello come un naufragio dipinto. Dietro le raffinatezze, la dissoluzione, i sentimenti contrastanti e lo sprezzo, stanno precise motivazioni e altrettante risposte: le scelte poetiche corrispondono a precise scelte di vita.

L’ETÀ DI CATULLO
llustrare con precisione la vicenda biografica del giovane poeta diventa difficile, soprattutto tenendo conto delle probabili oscillazioni tra la tradizione cronografica, cioè Gerolamo, e i riferimenti contenuti nella sua opera. In ogni caso, un punto fermo c’è: Catullo si recò in Bitinia (grossomodo l’odierna Turchia) tra 57 e 56 a.C. – dove ebbe luogo il famoso ricongiungimento con le spoglie del fratello, il carmen CI – per poi fare ritorno a Roma e, di lì a pochi anni, spirare.
Secondo Cornelio Nepote (Vita di Attico XII 4) Catullo e Lucrezio furono i più grandi poeti della sua epoca: tra i vari amici beneficiati e salvati da Attico, figura anche Lucio Giulio Calidio, elegantissimum poetam incluso nelle liste dei proscritti in virtù – come spesso accadeva – del suo ampio patrimonio: il giudizio di Nepote, però, pare dipendere dal fatto che a quel tempo erano già morti sia Lucrezio che Catullo – di cui doveva essere intimo amico, come dimostra la famosa dedica del carmen I. Questo primato, espresso dal superlativo, è quindi dovuto a due pesanti assenze.
In quel famoso secolo della rivoluzione romana, che si apre con i Gracchi e si chiude con Azio, molti sono i cambiamenti che sconvolgono ma anche nutrono la cultura e la società romana: spesso si dice che la letteratura latina ‘nasce adulta’, a intendere il pesante influsso che sin dagli inizi la cultura greca esercita su quella latina, creando nel tempo un legame indistricabile. Con Catullo e la cerchia dei neoterici, però, si assiste a un cambiamento epocale: quella cultura greca, tradotta agli albori – pensiamo all’Odusia di Andronico – e continuamente messa in discussione – pensiamo a Catone – diventa una scelta di vita.
IL RIFIUTO DELLA POLITICA
Il rifiuto della politica, l’amore per l’eleganza dei versi, la ripresa di motivi ellenistici e persino le tematiche della poesia di Catullo non possono essere comprese appieno se non si considera come esse siano strettamente legate al proprio tempo presente: i dettami di stile della cultura alessandrina e le sue tematiche vengono innervate nel tessuto vivo della società romana, dando vita a qualcosa di completamente nuovo – talmente nuovo che Cicerone, ironicamente, chiamerà Catullo e i suoi neòteoroi, con termine greco: «i troppo nuovi» letteralmente, «quelli avanti» se si vuole emulare l’ironia ciceroniana.
Questi neòteoroi, innanzitutto, rifiutano la poesia tradizionale romana: non è solo per ragioni di stile, non è una poesia lontana soltanto nelle soluzioni letterarie. È una poesia lontana, anche e forse soprattutto, per i suoi contenuti: la letteratura romana ha un legame strettissimo con la vita politica e con la comunità, il poeta non parla di sé: il poeta può celebrare, il poeta può educare. Il poeta parla agli altri ma soprattutto per gli altri. Catullo no: Catullo parla di sé, rifugge la politica preferendo l’invettiva (come dimostra il carmen XCIII contro Cesare) e fa di questa scelta una scelta di vita: la poetica della raffinatezza e del labor limae, la ricercatezza e il gusto per la poesia in quanto espressione di valori diversi da quelli prevalenti, in Catullo arriva agli estremi. Non c’è la corsa alle cariche, né la volontà di schierarsi politicamente: il poeta non condivide i valori dominanti e, mentre esalta i valori condivisi dalla sua cerchia, si può permettere uno sguardo disincantato su quello che lo circonda. Catullo è forse il primo poeta libero che incontriamo, il primo che dà dignità ai suoi sentimenti, il primo ad esaltare quanto di intimo e personale c’è nella vita di ognuno di noi, il primo a fare della poesia un fatto estremamente biografico, con tutte le conseguenze del caso. L’anticonformismo di questa scelta, però, dà in breve tempo i suoi frutti: Properzio avrà a dire (II 34, v. 88) che i lascivi versi di Catullo hanno reso Lesbia più famosa, addirittura, di Elena di Troia – Lesbia quis ipsa notior est Helena.
Nel corpus Catullianum, accanto alla poesia più raffinata, si trovano pungenti affreschi di vita quotidiana e anche la descrizione di uno stile di vita anticonformista, che spesso ancora oggi colpisce nel segno: la malizia dei versi, però, non deve essere ascritta al poeta, in un giudizio frettoloso. La lezione più importante che ci viene da questo poeta riguarda la libertà (carmen XVI vv. 5-6):
Nam castum esse decet pium poetam
ipsum, versiculos nihil necesse est
È infatti opportuno che sia pudico il devoto poeta
in persona, non è affatto necessario che lo siano anche i versicoli amorosi.
Questo motivo verrà ripreso da moltissimi grandi poeti latini, come Ovidio (Tristia II, 354) e Marziale (tra le tante, I 4, v. 8), ma il primo a far coincidere la libertà della poesia e quella della vita fu proprio questo ragazzo di provincia, nato a Verona e morto a Roma.
Giulio Bianchi
Centro Nazionale di Studi Classici “GrecoLatinoVivo”
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