L’Iliade si apre coi dolori inflitti ai Greci da Achille e si chiude con il grande lutto per i Troiani, i funerali di Ettore. Considerando che Achille è un personaggio che per la maggior parte del poema non prende parte alla battaglia, cerchiamo di delinearne un ritratto che dia conto soprattutto della sua iconicità.

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Tra i tanti sogni che ci caratterizzano come esseri umani, quello di essere immortali, di sopravvivere alla propria carne, è forse il più umano di tutti. Come affermava un giovane poeta, «tutto al mondo passa, | e quasi orma non lascia.»
È meglio vivere tranquilli e tanto, oppure vivere poco, morire giovani e rimanere nella memoria degli uomini per sempre? E rimanerci così a lungo che, dopo Omero, hai la possibilità di essere cantato da altre bocche e con ben altri ritmi, in contesti molto diversi e sostanzialmente imparagonabili?
I’ve been reading books of old
The legends and the myths
Achilles and his gold
Hercules and his gifts
Spider-Man’s control
And Batman with his fists
And clearly I don’t see myself upon that list.
Questa è una canzone dei Chainsmokers e dei Coldplay che sicuramente abbiamo sentito tutti e si intitola Something Just Like This. Al di là dei riferimenti mitologici che non sono propriamente esatti, emerge come il senso di inadeguatezza espresso dalle parole della canzone derivi proprio dal fatto che il protagonista della canzone non fa altro che porsi come modelli degli eroi, che per definizione sono irraggiungibili: il primo ad essere nominato è proprio Achille, seguito da Ercole e poi – chissà, magari per par condicio – da Spiderman e Batman.
Questa canzone è del 2017. È una canzone pop. E il bello del pop è che deve essere comprensibile a tutti, quindi Achille è ancora perfettamente comprensibile, senza bisogno di glosse o note a margine musicali. Se proviamo a cambiare il nome dell’eroe (mettendoci ad esempio il suo rivale, Ettore, o Enea o Aiace o Odisseo) ci rendiamo conto che il riferimento diventa meno universale e magari roviniamo la metrica della canzone – ma questo ci interessa meno.
Achille non è semplicemente uno degli eroi omerici, è uno dei protagonisti dell’Iliade e spesso ci soffermiamo troppo poco sul fatto che Achille sia presente nel poema senza partecipare, per larga parte degli eventi narrati, alle azioni belliche. Conosciamo tutti le ragioni del suo allontanamento dal campo di battaglia e che fu il dolore immenso per la morte dell’amato Patroclo a fargli decidere di tornare a combattere, pur consapevole che in quella guerra avrebbe trovato la morte, come ci aiutano a capire le preghiere che Teti rivolge a Zeus intercedendo per lui, che alla madre chiede aiuto dopo l’offesa subita.
Padre Zeus, se ti ho mai giovato tra gli immortali
o con parola o atto concreto, esaudisci questo mio desiderio:
onora mio figlio, che fra tutti gli altri una morte precoce
ottenne: e ora Agamennone signore di popoli
lo disonorò, dopo averglielo strappato il suo dono si tiene, proprio lui gliel’ha portato via,
ma tu ripagalo, saggio Zeus olimpio:
concedi ai Troiani la supremazia, fino a quando gli Achei
rispettino mio figlio e lo ricolmino d’onore.(Omero, Iliade, I, vv. 420-427)
Perché il destino è ineluttabile e non offre scampo, ma offre anche la possibilità di scegliere: nello stesso modo in cui Eracle scelse di seguire la via della virtù e non quella del piacere, anche Achille ha scelto di partecipare a quella guerra e di perdervi la vita, piuttosto che vivere una vita lunga a cui sarebbe seguito un breve oblio.
Il momento di svolta nel poema è quello in cui Achille e Agamennone ricompongono quella ira, la famosa menis, che aveva causato l’allontanamento di Achille dalla battaglia, nella piena consapevolezza che la guerra gli avrebbe portato via la vita ma gli avrebbe in qualche modo concesso quell’onore – lo stesso onore che Agamennone gli ‘porta via’ portando via da lui Briseide.
Il ritorno di Achille preconizza la vittoria greca: il poema si apre coi lutti infiniti che Achille reca ai Greci, ritirando se stesso e le sue potenti truppe, e si chiude con l’enorme dolore dei Troiani, i funerali di Ettore. La vicenda iliadica si ricompone alla sua conclusione, che pure non coincide con la morte di Achille.
Achille muore, trafitto dalle frecce scagliate da Paride. Si compie il suo destino e discende nell’Ade.
Ha ottenuto la morte e con essa la gloria, ma morire per un eroe omerico non significa vedersi riconoscere altrove ciò che in vita non ha avuto. Dopo la morte resta solo un’ombra nell’oscurità degli Inferi, nulla di più, come ci dimostra lo struggente dialogo tra Odisseo ed Achille:
«[…] O Achille
nessun uomo è più felice di te, in passato o nel futuro:
prima, infatti, da vivo, ti onoravamo come gli dèi
noi Argivi, ora di gran lunga domini sulle ombre dei morti,
qui: dunque non ti angustiare, Achille, ché sei morto.»
Così dissi, ed egli subito rispose:
«Non alleviarmi la morte, Odisseo splendente,
vorrei essere un lavorante nei campi e da un altro dipendere
, un uomo senza beni, che non abbia molto per vivere
piuttosto che regnare su tutte queste ombre consumate.»(Omero, Odissea, XI, 482-494)
Achille è un’ombra come tutte le altre – la morte è vista in molte ere come una livella – ma rivedere l’amico Odisseo non gli fa dimenticare chi ha lasciato sulla terra: il figlio, Neottolemo, e il vecchio padre, Peleo, di cui chiede notizia. Si allontana, poi, da Odisseo, quando scopre che il figlio combatte bene ed è degno del suo lignaggio.
Ma in pochi ricordano Achille nell’Ade: per tutti è un guerriero, non un’ombra.
Autore
Giulio Bianchi
CNSC GrecoLatinoVivo
Illustratrice
Giovanna Marsilio
Bellissimo! L’ho segnalato subito ai miei studenti!
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