C’è stato un tempo in cui i seguaci di Dioniso non utilizzavano maschere, ma si cospargevano il capo di foglie e si tingevano il viso con la fuliggine, il mosto o altre sostanze coloranti. Poi arrivò Tespi, che nel VI secolo a. C. creò, prima, la maschera di biacca, poi quella in tela, poi quella in sughero e legno, che continuò il suo viaggio fino ad arrivare a Frinico che la distinse in maschera bianca – femminile – e maschera scura ovvero maschile. La maschera balzò poi fino alle laboriose mani di Eschilo che, adottando la policromia, conferì a questi oggetti espressione e parvenza di vita.
